Le proteste degli insegnanti lettoni per gli stipendi e i carichi di lavoro

Martedì 21 maggio, circa duemila insegnanti hanno partecipato ad una manifestazione di protesta organizzata dal Sindacato lettone dei lavoratori dell’istruzione davanti alla sede del governo per esprimere la loro insoddisfazione riguardo alla proposta del Ministero dell’Istruzione e delle Scienze (IZM) sul bilanciamento dei carichi di lavoro degli insegnanti.

La vertenza degli insegnanti lettoni con il governo dura da diversi mesi. Già lo scorso anno, ad aprile, si era svolta una grande manifestazione, con quasi ottomila insegnanti in marcia di protesta e uno sciopero di tre giorni. Il primo ministro di allora, Krišjānis Kariņš (JV), insieme alla ministro dell’Istruzione Anda Čakša, avevano raggiunto poi un accordo, garantendo 89 milioni di euro per l’aumento degli stipendi degli insegnanti, attraverso un calendario di aumenti graduali. Ma l’insoddisfazione degli insegnanti non si è placata: i sindacati hanno continuato ad accusare il nuovo governo, guidato da Evika Siliņa, di non rispettare i patti e di manipolare i calcoli degli aumenti promessi.

I contrasti fra il governo e gli insegnanti si sono acuiti poi nelle ultime settimane, dopo la proposta della ministro dell’Istruzione Čakša di bilanciare i carichi di lavoro degli insegnanti, proponendo di passare ad una settimana lavorativa di 40 ore a partire dal 1° settembre 2025, con un tetto aggiuntivo al numero di ore di presenza in classe. Una proposta che ha trovato la decisa opposizione del sindacato di settore. Secondo Inga Vanaga, a capo della LIZDA, il sindacato degli insegnanti, la proposta del governo è contraria agli accordi presi con l’esecutivo nei mesi scorsi, sostenendo che questo bilanciamento dei carichi di lavoro non porterà miglioramenti nei carichi degli insegnanti e dubitando che avrà effetti positivi anche sui salari. Gli insegnanti sostengono che già i carichi di lavoro attuali non sono sostenibili dal corpo docente.

La protesta degli insegnanti ha avuto una ulteriore risonanza sui media anche per la decisione della primo ministro Siliņa di scendere in strada, di fronte alla sede del governo, per parlare direttamente agli insegnanti giunti a protestare contro le decisioni dell’esecutivo.
La premier si è rivolta agli insegnati con un tono piuttosto duro e freddo, affermando che non vi sono ragioni per questa protesta e chiedendo a tutti gli insegnanti presenti, perché fossero lì e se non avessero realmente ricevuto un aumento nella busta paga in questi mesi.
“Tutte le promesse che noi come governo e i governi precedenti abbiamo fatto riguardo all’aumento della tariffa minima, le abbiamo mantenute, e penso che non abbiate motivo di preoccuparvi ora che il governo non è disposto a mantenere qualcosa che è stato promesso in passato [..]”.
Siliņa ha poi proseguito: “Cari insegnanti, sapete di cosa siete venuti qui a discutere? Di cosa? I vostri stipendi non sono stati aumentati dal governo? Chi non ha ottenuto [un aumento di stipendio], alzi la mano! Non vedo una mano alzata! Il governo ha mantenuto tutto ciò che aveva promesso! Vi sto chiedendo di fidarvi del governo, perché se non vi fidate di noi, noi non potremo fidarci di voi.”

La protesta degli insegnanti, dopo le parole della primo ministro, non si è placata e i 40 consiglieri sindacali della LIZDA presenti, che non erano stati invitati al tavolo della trattative fissato martedì, e che non hanno ricevuto un piano di azione concreto sul bilanciamento del carico di lavoro, hanno deciso di entrare dentro il palazzo sede del governo, chiedendo che le richieste degli insegnanti siano accolte.

L’intervento della primo ministro Siliņa è stata al centro anche di un commento del Presidente della repubblica Edgars Rinkēvičs, nella trasmissione televisiva “Šodienas jautājums”.
Rinkēvičs ha affermato che parlare in modo così emotivo da un palco durante una protesta, non è proprio la cosa giusta da fare. Secondo il capo dello stato, l’approccio della primo ministro nella giornata della protesta degli insegnanti non è stato corretto, perché le persone hanno diritto di protestare e lottare per i propri diritti. A volte può sembrare che i sindacati si comportino in modo troppo rumoroso, ma è la loro natura, ha osservato Rinkēvičs.

Fonte: LTV, Lsm
Foto: Vita Anstrate / Latvijas Televīzija