Incontro con Inga Pizāne e la poesia: 3. Arcobaleni

Un tema di conversazione, una poesia, un frammento del diario che Inga Pizāne sta tenendo nei giorni della pandemia, un’immagine tratta dal suo blog. Una canzone. Perché anche la poesia ci venga in soccorso, in questi tempi duri.

satiekas
Arcobaleno nella nebbia – Foto Inga Pizāne

Il coronavirus ha contagiato non solo le nostre vite, ma anche ogni spazio comunicativo. Per cercare di non parlare solo di Covid-19 e contagi, in questi giorni vorrei dedicare uno spazio quasi quotidiano anche alla poesia, uno scambio di idee e pensieri con una fra le più talentuose poetesse della nuova generazione lettone, Inga Pizāne. Oggi la terza puntata:

3 – Arcobaleni

P.”Gli anni settanta, l’inizio degli anni ottanta. Un periodo irripetibile nella storia della poesia lettone. Un pubblico così attento all’ascolto. Incredibili, enormi le tirature dei libri di poesia, edizioni, pubblicazioni. File di fronte alle librerie […] Cosa non facevano la poesia e i poeti allora! […] Era il tempo in cui la poesia era diventata il solo rifugio, l’unica realtà di salvezza, dove portare i valori da conservare. Vivevamo così – proteggendo l’esistenza dell’identità lettone sull’isola (o forse sulla nuvola?), che chiamavano realtà poetica. In essa per tutti quanti noi (poeti, scrittori, lettori) venivano trasferiti e preservati i valori fondamentali del nostro popolo…”
Così scriveva Imants Ziedonis nella prefazione di uno dei volumi delle sue Opere complete. Certo, oggi viviamo in tutt’altro mondo, in tutt’altri tempi, rispetto al periodo sovietico, in cui la poesia e i poeti avevano un ruolo fondamentale nella società di quel tempo, nella salvaguardia della stessa cultura e lingua lettone. Mi è sempre interessato sapere, però, quale relazione ha la tua generazione, la nuova generazione di poeti con la generazione del periodo d’oro della poesia lettone: una fonte di ispirazione, un’eredità pesante, o semplicemente sono davvero altri tempi. Il compito della poesia nella Lettonia di oggi è ancora quello di proteggere l’identità lettone e i valori fondamentali del suo popolo? Esiste ancora quell’isola (o forse nuvola)?

Inga – Io credo che quella nuvola, intesa come realtà della poesia, esiste ed esisterà, finché si scriverà poesia, ma a mio parere la poesia oggi non ha un compito specifico ed unico.
I tempi sono diversi, ed è così che deve essere. Lo stesso Rainis diceva, che ”rimarrà solo ciò che si trasformerà”, e noi vogliamo che la poesia ”rimanga”, e scriviamo poesia nei nostri tempi, rispettivamente. Nella nostra poesia e nella nostra mente entra tutto ciò che fa parte del nostro tempo – sia i valori che i dubbi. Penso che ognuno debba seguire il proprio tempo, certo portandosi dietro il meglio del passato che abbiamo ereditato – quella poesia che ha saputo resistere e superare qualsiasi confine del tempo. Orecchie in ascolto, in qualsiasi forma d’arte, è sempre più difficile trovarle, poiché viviamo in’epoca di saturazione, ma personalmente credo che proprio la poesia possa riportare le persone alle proprie radici, con se stessi e la propria lingua.

mācos pilsētu
(tratto dalla raccolta “Siena, ko nosiltināt”)

imparo la città
cerco indirizzi e me stessa
imparo il mare
il mare lo sa
per cosa vengo
per tacere con lui
________________________
imparo a dare i nomi ai gatti randagi
imparo a dare una possibilità alla primavera
imparo a licenziare l’inverno
(inverno, sei licenziato!)
________________________
imparo a fare a meno
di supermercati e googlemap
(googlemap non aiuta a trovare la strada verso se stessi)
________________________
Imparoadaccorciareladistanzafradinoi
A u m e n t a n d o l a

satiekas

Frammenti dal ”Diario nei giorni della pandemia”.

“Ieri, 21 marzo, era la Giornata mondiale della poesia. Di solito in questo giorno in molti caffè di tutto il mondo, in ogni paese, si può pagare il proprio caffè con una poesia. Ho celebrato per diversi anni la giornata con questa bella opportunità. Quest’anno, con tutti i caffè chiusi, celebro questa giornata a casa, mi preparo un caffè con il succo di betulla appena raccolto, e cerco di comporre una poesia o almeno qualche schizzo. Fuori dalla finestra – mulinelli di neve si alternano al sole. Ed io pure: un po’ fuori, un po’ dentro. Lavo i pavimenti, scuoto le coperte, vado a fare fotografie, non mi va di leggere, con la solita matita butto giù sulla carta qualche idea. Nessuna giusta. Per adesso. Lascio decantare.

sulaQuando con mamma andiamo alla betulla forata per raccoglierne il succo, troviamo un ghiacciolo che scende ondulato. La cosa più bella vista oggi. Accanto ad una coppia di gru, che passeggiano per il prato. Questi attimi diventano gli avvenimenti della nostra giornata. Come le notizie che arrivano dagli amici, gli incontri in famiglia (le passeggiate insieme o le faccende di casa).

In questi giorni nei social networks incontro spesso le mie poesie, ed è una cosa che ovviamente mi fa molto piacere. In una di queste poesia, c’è questo verso: ”Imparoadaccorciareladistanzafradinoi / A u m e n t a n d o l a”. In un altra: ”L’inverno se ne va e porta con sé troppe persone / Il sole? Sembra musica, oggi” e la terza: ”forse, il silenzio è l’unica cosa che può cambiare il mondo.” In ognuna di esse si può trovare una connessione con le sensazioni di questi giorni.

[continua]

Puntate precedenti 1. Ritrovarsi2. Introversi

I testi delle poesie e del ”Diario nei giorni della pandemia” e le foto tratte dal blog di Inga Pizāne, sono pubblicati per gentile concessione dell’autrice. Diritti riservati.
Traduzioni: Paolo Pantaleo.

Colonna sonora dell’incontro di oggi: Lola Marsh ”She’s a rainbow”