15 maggio 1934: il colpo di stato di Kārlis Ulmanis. Quando la Lettonia diventò un regime autoritario

Il 15 maggio 1934 il primo ministro lettone Kārlis Ulmanis, uno degli artefici della conquista dell’indipendenza del paese baltico nel 1918 e che aveva mantenuto un ruolo da protagonista nella politica lettone degli anni successivi, decise di organizzare un colpo di stato, esautorando il parlamento e dichiarando illegali tutti i partiti politici lettoni, compreso il suo, il partito dei contadini. Il regime autoritario di Ulmanis durò dal 1934 al 1940, fino all’invasione del paese baltico da parte dell’Unione Sovietica.

Ulmanis

Il 3 ottobre del 1931 era un sabato mattina soleggiato a Riga, una piacevole e tiepida mattinata d’inizio autunno. Diversi lettoni si erano alzati presto quel giorno, per mettersi in fila ai seggi. Quel fine settimana infatti si votava per il rinnovo del parlamento lettone, la Saeima, e anche se la domenica il tempo si era guastato, si era messo a piovere e tirava un vento fastidioso, l’affluenza alle urne alla fine era risultata molto alta.

I lettoni che si erano recati alle urne in quel weekend però non potevano immaginare che quelle sarebbero state le ultime elezioni libere nel loro paese per molti decenni a seguire. Il parlamento eletto in quella tornata elettorale sarebbe stato l’ultimo parlamento della Lettonia indipendente, perché tre anni dopo Kārlis Ulmanis, uno dei protagonisti della conquista dell’indipendenza del paese baltico nel 1918 e della vita politica dei successivi anni nel paese, attuò un colpo di stato, che pose termine alla vita democratica della Lettonia fino al 1940 quando arrivò la seconda guerra mondiale, l’invasione da parte della Russia di Stalin e poi della Germania di Hitler, e quindi i cinquanta anni di occupazione sovietica. I lettoni torneranno a votare per un libero parlamento in uno stato libero e democratico solo dopo il 1991, con la seconda indipendenza del paese.

Da quelle ultime elezioni libere del 1931 uscì un parlamento molto diviso. Il grande problema della giovane democrazia lettone era sempre stato l’alto numero di partiti politici e l’enorme frammentazione dell’assemblea legislativa. Alle elezioni del 1931 si erano presentate 44 liste di partiti, e in quella 4° Saeima entrarono ben 24 partiti, che si suddivisero i 100 seggi a disposizione. Entrò in parlamento una miriade di piccoli partiti e liste di minoranze rappresentate spesso con un solo deputato, mentre i partiti maggiori risultarono il partito socialdemocratico con 19 seggi, l’Unione dei contadini, il partito di Ulmanis, con 14 seggi, il partito cristiano cattolico con 8 seggi e il partito dei giovani imprenditori e piccoli proprietari terrieri, con 7 seggi.

Si preannunciava dunque una legislatura contraddistinta dall’instabilità di governo, come quelle precedenti. Dal 1918 al 1931 del resto, nei primi 13 anni di storia della Lettonia indipendente, si erano già avvicendati 12 governi, di cui tre guidati da Ulmanis. Proprio l’instabilità dei governi e la frammentazione del parlamento furono storicamente le ragioni principali addotte da Ulmanis e dai suoi seguaci per giustificare il colpo di stato autoritario, ma gli storici concordano nel dire che il popolo lettone, e in particolare l’elettorato, non dimostrava tutto questo astio e disaffezione nei confronti dei partiti e del sistema politico lettone, tanto che alle ultime elezioni del 1931 aveva partecipato l’80% degli aventi diritto, una percentuale fra le più alte nell’Europa di quei tempi.

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Un banco del pesce del nuovo Mercato centrale inaugurato nel 1930

Nonostante l’instabilità politica, il paese all’inizio degli anni ’30 stava vivendo un periodo di crescita economica e sociale rilevante. Gli effetti della grande depressione economica nel ’29 erano stati superati grazie soprattutto al forte impulso dato dalla produzione agricola e dalle esportazioni di materie prime, prodotti alimentari e tessili in tutta Europa, in particolare Germania e Regno Unito. La qualità della vita dei lettoni si faceva sempre più alta, e Riga si avviava a diventare una delle capitali più importanti dell’Europa del nord.

Il bluff della riforma costituzionale.

Da diversi anni si parlava in Lettonia della riforma della costituzione, adottata nel ’22, in senso più presidenziale e per accrescere il potere dell’esecutivo rispetto al parlamento. Nel 1927 ci fu una forte campagna di stampa del quotidiano di destra ”Latvis” per l’elezione diretta del presidente della repubblica e il taglio dei deputati da 100 a 50. La crisi economica internazionale del ’29 poi aveva alimentato ulteriormente le discussioni sulla riforma costituzionale, considerato anche che diversi stati europei si stavano indirizzando verso regimi autoritari se non dittatoriali.

La prima vera proposta di riforma costituzionale giunse però nel parlamento lettone solo nel 1933, ad opera proprio del partito di Ulmanis, l’Unione dei contadini. Ma questa proposta fu in realtà un escamotage e nacque quasi per caso. Come racconta nelle sue memorie Alfrēds Bērziņš, uno dei deputati del partito dei contadini e fedelissimo di Ulmanis, il 22 agosto del 1933 la Saeima era riunita in seduta straordinaria e fu proprio lui, senza alcuna preparazione e sul momento, a parlare per la prima volta di una proposta di riforma costituzionale in parlamento.

”Mi trovavo già nei pressi della tribuna per iniziare a parlare, quando entra in sala Ulmanis e mi porge un bigliettino dove c’era scritto ”parlate della riforma costituzionale”. Come mi disse poi lo stesso Ulmanis, gli erano giunte voci di corridoio secondo le quali il deputato socialdemocratico Marģers Skujenieks avrebbe di lì a poco nel suo discorso in aula chiesto di avviare il percorso di una riforma costituzionale e io dovevo precederlo”.

Ulmanis voleva intestare al suo partito la proposta di riforma costituzionale e per questo dette ordine al suo fedelissimo Bērziņš di anticipare Skujenieks e di improvvisare un intervento che preannunciava una proposta di riforma costituzionale che il partito dei contadini avrebbe presentato in aula nel novembre successivo.

La riforma costituzionale presentata dal partito di Ulmanis era molto simile alla riforma appena approvata in Estonia, e prevedeva l’elezione diretta del presidente della repubblica, la diminuzione da 100 a 50 dei deputati, e fra i poteri del presidente della repubblica quelli di dichiarare la guerra, di porre un veto sospensivo sulle leggi votate dal parlamento e il diritto di sciogliere il parlamento prima del termine. Una riforma che ampliava notevolmente i poteri del capo dello stato, sull’esempio di altri stati europei che si erano distanziati dal parlamentarismo. La Saeima lettone in prima lettura aveva approvato gran parte degli articoli della riforma, bocciando solo quello che prevedeva il potere di scioglimento anticipato del parlamento da parte del capo dello stato. Non ci fu il tempo di sottoporre la riforma costituzionale al voto definitivo, perché nel frattempo Ulmanis aveva attuato il colpo di stato, motivandolo anche con l’impossibilità di vedere approvata la riforma costituzionale nel testo originale presentato dal suo partito.

Ulmanis dopo il colpo di stato che gli consegnava i poteri assoluti nel paese, dichiarò che uno degli obiettivi del nuovo regime sarebbe stato quello di realizzare la riforma della costituzione e di ripristinare così le istituzioni democratiche in una repubblica presidenziale. Ma nei sei anni di dittatura Ulmanis non dette mai seguito al progetto di riforma costituzionale e mantenne su di sé tutti i poteri, compreso quello di presidente della repubblica quando nel 1936 terminò il mandato di Alberts Kviesis. La riforma della costituzione per Ulmanis fu semplicemente un pretesto per la presa del potere.

La preparazione del colpo di stato.

Nel 1933, un anno prima del suo colpo di stato, Ulmanis si reca diverse volte in Germania, dove Hitler aveva appena preso il potere. Per molti suoi oppositori la chiara prova che i disegni di Ulmanis per la Lettonia avevano per modello la Germania nazista, ma per gli storici le cose non sono andate esattamente così.

Ulmanis prima di intraprendere la carriera politica aveva fatto l’agronomo, ed il suo interesse verso i temi dell’economia contadina era stato sempre al centro della sua attività politica. Non sorprende quindi che nel periodo in cui non aveva incarichi ufficiali di governo, potesse viaggiare in paesi che avevano con la Lettonia particolari legami per le esportazioni di prodotti agricoli, una delle leve maggiori della crescita economica lettone di quegli anni. Nei suoi viaggi in Germania Ulmanis incontrò in effetti diversi esponenti del mondo dell’imprenditoria e della politica economia tedesca, interessandosi in particolare dell’esportazione del burro. La Germania era infatti il principale importatore di burro dalla Lettonia.

Non si può comunque escludere che gli esempi dei regimi dittatoriali dell’epoca, quello tedesco di Hitler e quello dell’Italia mussoliniana, con cui storicamente la Lettonia aveva ottimi rapporti, possano aver rappresentato per Ulmanis un modello a cui ispirarsi. Ma il vero modello seguito da Ulmanis è stato quello della vicina Estonia, prima per la sua riforma costituzionale, e poi per il colpo di stato di Konstantin Päts, che precedette di un paio di mesi quello compiuto in Lettonia da Ulmanis.

Non è certo quando Ulmanis abbia iniziato a maturare l’idea di un colpo di stato autoritario in Lettonia. E’ probabile però che l’idea di un putsch che sovvertisse l’ordine democratico del paese gli sia venuta intorno alla metà del 1933. Dopo il viaggio in Germania, al suo ritorno in patria durante la prima sessione straordinaria del parlamento nell’agosto del 1933, spinse il suo fedelissimo Bērziņš a preannunciare in tutta fretta l’intenzione del partito dei contadini di presentare una riforma costituzionale in senso presidenziale. Ma il disegno preparatorio del golpe non si fermava a questo, l’obiettivo principale e indispensabile fra la fine del 1933 e l’inizio del 1934 per Ulmanis fu quello di far cadere il governo allora guidato da Ādolfs Bļodnieks, esponente del partito dei piccoli imprenditori. Il partito dei contadini di cui Ulmanis era il leader, sosteneva la coalizione su cui era formato il governo di Bļodnieks, dove era rappresentato da tre ministri, fra cui il ministro della guerra Jānis Balodis.

Nelle sue memorie, Ādolfs Klīve, presidente della Banca di Lettonia dal 1931 al 1940, sostiene che Ulmanis avesse progettato di attuare il colpo di stato il 18 novembre del 1933, in coincidenza con l’anniversario dell’indipendenza della Lettonia. Poi il putsch sarebbe stato rinviato a capodanno, e poi rimandato di nuovo, soprattutto per le esitazioni del ministro della guerra Balodis, sodale di Ulmanis nell’impresa. In realtà Ulmanis per attuare il colpo di stato aveva bisogno prima di ritornare alla guida dell’esecutivo, per avere il controllo non solo dell’esercito con il fido Balodis, ma anche delle altre leve dell’amministrazione pubblica. Per questo già nel gennaio del 1934 iniziarono a farsi strada in parlamento le voci di una imminente crisi di governo dell’esecutivo Bļodnieks, che poi cadde il 1 marzo del 1934 a seguito delle dimissioni del ministro degli esteri Voldermārs Salnais.

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Il generale Jānis Balodis, ministro della guerra

Caduto il governo, il presidente della repubblica Alberts Kviesis, dette a Ulmanis l’incarico di formare il nuovo esecutivo. Il fido Alfrēds Bērziņš riuscì a strappare nelle trattative per la formazione della nuova maggioranza l’appoggio di alcuni partiti minori, fra cui il partito cristiano cattolico e il partito dei contadini del Latgale, e il 17 marzo 1934 nacque il quarto governo guidato da Ulmanis nella storia lettone. Da quel momento iniziarono i piani concreti per l’attuazione del colpo di stato. Ulmanis mise nei due dicasteri chiave, il ministero della guerra e quello degli interni, i due suoi fedelissimi, Jānis Balodis e Vilis Gulbis, gli unici ministri che avranno un ruolo attivo nell’attuazione del golpe. La strada verso il colpo di stato era spianata per Ulmanis, e fra gli oppositori politici iniziò a serpeggiare il timore per il precipitare degli eventi, analogamente a quello che in quei giorni stava accadendo in Estonia.

La giornata del 15 maggio 1934

Il 15 maggio del 1934 il primo ministro Ulmanis aveva convocato in riunione segreta il consiglio dei ministri, e secondo la legge, in questo caso la sede del governo e quella del capo dello stato, nel Castello di Riga, dovevano essere difese da unità militari. Nei corridoi del parlamento nel pomeriggio Ulmanis e Bērziņš incontrarono il deputato socialdemocratico Brūno Kalniņš, figlio del presidente della Saeima Pauls Kalniņš, che vedendoli esclamò: ”Ehi, generali putschisti, per quando è il colpo di stato? Non doveva già arrivare lunedì?”. Bērziņš sorridendo rispose che quello che non è riuscito il lunedì, si può sempre fare il martedì. Il 15 maggio era appunto un martedì.

Poco prima delle otto di sera alcuni deputati del partito dei contadini chiesero alla presidenza della Saeima di chiudere la seduta e aggiornare i lavori al giorno dopo. Altri deputati dell’opposizione insistevano per prolungare la seduta e votare alcuni punti all’ordine del giorno. La decisione sulla chiusura della seduta parlamentare fu messa ai voti dal vice presidente della Saeima Pauļuks, dato che il presidente, il socialdemocratico Pauls Kalniņš, stava incontrando l’ambasciatore francese. Dei 63 deputati presenti in quel momento 36 votarono a favore della chiusura della seduta e dell’aggiornamento dei lavori al giorno seguente. Fu l’ultima votazione della Saeima nella storia della prima repubblica lettone.

Diversi deputati, sciolta la seduta della Saeima, si recarono come d’abitudine presso lo yacht club Adonia a giocare a carte. Stranamente il ministro della guerra Balodis non si unì alla compagnia, ma disse che doveva passare prima da casa per mettersi l’uniforme, dato che aveva in programma una riunione ad un circolo militare in serata. Durante la serata all’Adonia ad un certo punto giunse una telefonata di Balodis, che si scusava per non poter passare di lì e chiedeva di parlare al telefono con Marģers Skujenieks, che poi tornò al tavolo da gioco scuro in volto. All’oscuro dei piani di Ulmanis, Skujenieks aveva ricevuto l’invito di Balodis a recarsi urgentemente dal primo ministro Ulmanis.

L’appartamento del primo ministro Ulmanis si trovava nel palazzo del ministero degli esteri in Valdemāra iela 3. Il palazzo in cui si decide il destino della democrazia lettone dista pochi metri da un altro edificio sulla stessa via, il Teatro nazionale di Riga, dove 16 anni prima, il 18 novembre del 1918, era stata fondata la Repubblica di Lettonia. Il protagonista di quel giorno e primo capo di governo del nuovo stato lettone, è lo stesso che sedici anni dopo, a pochi metri da quel teatro, decide di instaurare uno stato autoritario e chiudere il parlamento lettone: Kārlis Ulmanis.

Nell’appartamento di Ulmanis in Valdemāra iela 3, nella sede del ministero degli esteri, sono presenti oltre a Ulmanis, il ministro della guerra Jānis Balodis, il deputato Alfrēds Bērziņš, che è stato a capo delle unità di difesa del territorio, il ministro degli interni Vilis Gulbis, Marģers Skujenieks, deputato ed ex primo ministro, e il segretario personale di Ulmanis, Jānis Rudums (allora si chiamava Cimmermanis, poi cambiò il cognome considerato troppo tedesco in Rudums, più lettone).
Arrivano poi anche alcuni ufficiali dell’esercito lettone, coinvolti nel progetto di colpo di stato. Balodis aveva fatto in modo nelle settimane precedenti il golpe di sostituire alcuni ufficiali con suoi uomini fidati a capo dei battaglioni posti al controllo e alla difesa di Riga. Ad aprile era stato congedato Kārlis Goppers, comandante della Divisione del Vidzeme e della guarnigione di Riga, e al suo posto fu nominato il generale Krišjānis Berķis, uno degli ufficiali più fidati di Balodis, mentre a capo della polizia politica al posto di Voldermārs Ozoliņš, vicino agli ambienti di centro democratico, fu messo Jānis Fridrihsons, un membro del partito dei contadini.
Questi cambiamenti nei vertici militari e di polizia misero in effetti in allarme le opposizioni e contribuirono a far girare le voci di un possibile colpo di stato.

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Il presidente della repubblica Ālberts Kviesis

A mezzanotte, secondo quanto scrive nel suo libro di memorie ”Labie gadi” (Begli anni)  Alfrēds Bērziņš, il putsch ebbe inizio. I militari al comando di Bērķis occuparono gli obiettivi sensibili nella capitale, dove cominciarono ad affluire anche le guardie territoriali fedeli a Bērziņš. La mattina del 16 maggio dalle campagne del Vidzeme e dello Zemgale confluirono a Riga circa 3000 guardie. Al sorgere del sole nell’appartamento di Ulmanis, oltre al primo ministro erano rimasti solo Balodis e Bērziņš, secondo quanto racconta lo stesso Bērziņš, e alle 8 di mattina Ulmanis si recò dal presidente Kviesis per informarlo dell’avvenuto colpo di stato e della proclamazione dello stato di guerra nel paese.
La radio pubblica in realtà aveva già informato la popolazione di quanto accaduto durante la notte con un comunicato alle 6 del mattino. Secondo altri resoconti più verosimili, fra cui quello di Klīve, Ulmanis avrebbe incontrato il presidente della repubblica Kviesis ben prima, alle due di notte, per informarlo del colpo di stato. Kviesis, che avrebbe potuto ancora opporsi al putsch, decise di non intervenire.

La proclamazione dello stato di guerra fu lo strumento giuridico che consentì ad Ulmanis di prendere possesso di tutte le leve del potere nel paese.  La proclamazione dello stato di guerra faceva riferimento ad una legge del 1918, che permetteva di istituire lo stato di guerra per sei mesi, eventualmente prorogabili per altri sei. Di proroga in proroga lo stato di guerra rimase in vigore in Lettonia fino al 1938. In quel giorno del 1934 in realtà era un provvedimento che non aveva alcuna motivo di essere promulgato, poiché la situazione all’interno del paese era del tutto pacifica, e la motivazione sui disordini interni era del tutto infondata. Vi poteva essere nel paese una diffusa insoddisfazione per l’instabilità dei governi e la frammentazione del parlamento, ma niente che potesse mettere in pericolo l’ordine interno. La proclamazione dello stato di guerra fu pubblicato nei principali mezzi di informazione e quotidiani, come il Latvijas Kareivis (foto a lato), che così uscì in edicola la mattina del 16 maggio, con una edizione speciale.

15_maijs_latvijas_kareivisDisposizioni sulla proclamazione dello stato di guerra

Considerato che il paese è minacciato da disordini interni, che mettono a rischio l’incolumità dei cittadini, viene proclamato lo stato di guerra in tutta la Lettonia per i prossimi sei mesi.
Lo stato di guerra entra in vigore a Riga alle ore 23 del 15 maggio di quest’anno, mentre nel resto della Lettonia alle ore 1 del mattino del 16 maggio.
Tutti i cittadini, i funzionari delle amministrazioni pubbliche e locali devono adempiere senza obiezioni a tutte le disposizioni che sono previste dalla legge sullo stato di guerra dell’11 febbraio 1919 e successive modificazioni del 1921.

Firmato:
Il Presidente del consiglio K. Ulmanis
Il ministro della guerra J. Balodis

Latvijas Kareivis, edizione del 16 marzo 1934

La repressione dell’opposizione al nuovo regime

Durante la notte fra il 15 e il 16 maggio 1934 furono arrestati 32 parlamentari dell’opposizione, soprattutto i deputati socialdemocratici e i comunisti del partito dei lavoratori. Complessivamente nei giorni successivi al colpo di stato circa 2000 socialdemocratici furono arrestati, alcuni riuscirono a scappare all’estero. Nella notte del putsch furono organizzati dei treni per trasportare i primi arrestati in un campo di concentramento appositamente allestito a Liepāja, sulla costa occidentale del baltico, nei pressi del Karosta, il porto militare della città.
Il campo di concentramento di Liepāja fu uno dei simboli della repressione delle opposizioni durante il golpe di Ulmanis. Dal maggio del 1934 al marzo del 1935 vi furono rinchiuse circa 400 persone, che vennero poi rilasciate gradualmente nei mesi successivi al golpe.

Non vi furono episodi violenti e sanguinosi in quella notte e nei giorni successivi. Gli arresti e le perquisizioni nelle case dei membri del partito socialdemocratico furono eseguite senza spargimento di sangue. L’unico colpo di pistola fu sparato da Bruno Kalniņš, durante il suo arresto. Venne arrestato anche il padre, Pauls Kalniņš, il presidente della Saeima, perché in casa sua furono trovate numerose armi e munizioni. Pauls Kalniņš fu liberato presto, quando venne chiarito che il deposito di armi in casa era stato organizzato dal figlio. Bruno Kalniņš sarà poi una delle figure più rilevanti della diaspora lettone durante gli anni del dopoguerra. Non ebbe infatti miglior fortuna quando la Russia invase la Lettonia: molti socialdemocratici dovettero lasciare il paese sotto il dominio sovietico, e Bruno Kalniņš emigrò in Svezia, dove fondò e diresse il giornale ”Brivība” (Libertà), una delle voci più seguite della diaspora lettone nel dopoguerra.

Pur senza spargimenti di sangue, la repressione del nuovo regime autoritario di Ulmanis fu capillare e assoluta nei confronti di qualsiasi voce di opposizione. Nella notte del golpe, il governo chiuse 31 giornali, fra cui Sociāldemokrats, Dienas Lapas, Latvju Avīze, Brīviba, e persino un paio di riviste di società come Intīma Rīga e Aizkulises. I giornali rimasti aperti dovettero adeguarsi al nuovo regime. Oltre a Brīvā Zeme, il giornale del partito dei contadini di Ulmanis, anche gli altri due principali quotidiani lettoni, Jaunākās Ziņas degli editori Antons Benjamiņš e Emīlija Benjamiņa, e il Latvis di Arveds Bergs, pubblicarono editoriali di approvazione e sostegno al nuovo corso. Quest’ultimo però presto intraprese una linea editoriale più critica nei confronti di Ulmanis, e venne chiuso.

Oltre alla chiusura del parlamento, vennero dichiarati illegali anche tutti i partiti, compreso quello dello stesso Ulmanis, l’Unione dei contadini, e le organizzazioni sindacali. Ulmanis in realtà aveva condotto il suo piano di sovvertimento della democrazia lettone senza coinvolgere il suo partito, ma solo con l’aiuto di pochi deputati e ministri fidati, oltre che di una parte dell’esercito e della polizia politica.
Il presidente della repubblica Ālberts Kviesis, che pur non avendo partecipato attivamente al colpo di stato non fece niente per opporvisi, rimase in carica fino alla scadenza del suo mandato,  nel 1936, quando fu poi sostituito nella carica di capo dello stato dallo stesso Ulmanis, non attraverso una elezione popolare, come lo stesso progetto di riforma costituzionale di Ulmanis mai andata in porto avrebbe previsto, ma solo attraverso una decisione del governo stesso.

Le reazioni al colpo di stato nel paese.

Gli storici hanno dibattuto a lungo, e tuttora discutono, sul grado di approvazione che ebbe il colpo di stato di Ulmanis e il regime autoritario che fu istituito dal 1934 al 1940. Ulmanis, che era la personalità politica più famosa di quegli anni, il protagonista della lotta di indipendenza del 1918/19, stava cominciando però a perdere una parte della sua popolarità, specie nei principali centri cittadini, mentre nelle campagne rimaneva assai popolare. Molti storici ritengono che il vero motivo che spinse Ulmanis a compiere il golpe era la prospettiva di perdere ulteriori voti nelle elezioni della 5° Saeima, che si sarebbero svolte nel 1935.

E’ difficile in ogni caso valutare l’entità reale del sostegno popolare al colpo di stato di Ulmanis, dato che i mezzi di informazione erano asserviti al nuovo regime e contenevano entusiastiche formulazioni del sostegno del popolo lettone al regime del “Vadonis” (il duce), come si iniziò a definire Ulmanis. Diversi storici comunque concordano nel ritenere che il nuovo regime godesse delle simpatie di una buona parte della popolazione, specie quella delle campagne.
Il nuovo regime prese in considerazione l’idea di organizzare un referendum popolare di sostegno al nuovo corso autoritario, progetto che poi fu abbandonato più che per i timori di un insuccesso, per non imitare altre dittature europee di quegli anni, che aveva fatto ricorso ad un voto popolare per legittimarsi.

karla-ulmana-valsts-apversums-latvija_537477682fb48I molti miti sull’epoca d’oro del periodo autoritario di Ulmanis, i cosiddetti Ulmanļaiki, discendono in parte anche dalla idealizzazione di quegli ultimi anni di indipendenza del paese e di crescita congiunturale economica, a confronto con la tragedia della II guerra mondiale e delle invasioni nazista e sovietica degli anni successivi.
Il regime di Ulmanis non toccò mai le derive sanguinarie di altri regimi dittatoriali dell’epoca, ma diffuse ampliamente il culto della personalità del “vadonis” Ulmanis e promosse politiche nazionalistiche e di esaltazione della lettonicità in tutti gli aspetti della vita sociale, politica, culturale del paese. Rispetto ai successivi cinquanta anni di oppressione sovietica e di russificazione del paese baltico, in Lettonia dunque gli anni di Ulmanis si ricordano come un periodo aureo, anche se causarono uno sfregio indelebile al sistema democratico ed istituzionale della giovane repubblica lettone. Molti ancora oggi si domandano se una Lettonia democratica avrebbe potuto trovare risorse e forza maggiori per opporsi all’invasione russa del 1940, come successe ad esempio alla Finlandia.
Per quanto contraddittoria sia la valutazione dei risultati ottenuti dal regime autoritario fra il ’34 e il ’40, la colpa più grave che gli storici e il popolo lettone attribuiscono a Kārlis Ulmanis è stata quella di non aver reagito contro l’invasione del paese da parte della Russia nel giugno del 1940, con un discorso alla radio, passato alla storia, in cui chiedeva a tutti i lettoni di rimanere al proprio posto.

Ulmanis fu destituito a seguito dell’invasione russa del paese nel giugno del 1940 e messo agli arresti dalla polizia sovietica il 20 luglio 1940. Fu portato a Mosca, con la promessa di un biglietto aereo per emigrare in Svizzera. Ma non andò così. Stalin ordinò che venisse condotto a Stavropol, dove fu a lungo interrogato. Morì il 20 settembre 1942 durante un viaggio di trasferimento verso la Siberia, nella prigione di Krasnovodsk in Turkmenistan. Non si conosce il luogo della sua sepoltura.

Paolo Pantaleo © Baltica Storia

Fonti:
Edgars Dunsdorfs, “Kārļa Ulmaņa dzīve” – Ādolfs Klīve “Latvijas neaktarības gadi” – Ālfreds Bērziņš, “Labie gadi” – Ālfreds Bērziņš, “Nepublicētās atmiņas” – Ščerbinskis V., Jēkabsons Ē., “Apvērsums. 1934. gada 15. maija notikumi avotos un pētījumos.”